FRANCESCO IL SANTO |
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Il Programma Il XIII secolo fu un'epoca di grande fervore religioso. Numerose persone, desiderose di vivere più intensamente il rapporto con Dio, diedero vita nel centro Italia a confraternite, dette appunto dei laudesi, quali i Disciplinati, i Flagellanti, i Battuti e molte altre. La forma di culto si esprimeva attraverso la penitenza, la preghiera collettiva e il canto. Non si può parlare di quest'epoca senza pensare alla predicazione di S. Francesco, che con il suo Cantico di Frate Sole ci ha donato forse il primo esempio di una composizione religiosa in volgare, la lingua di tutto il popolo. Il vento di rinnovamento spirituale predicato da Francesco e dagli altri ordini mendicanti ha senz'altro inciso profondamente nell'esperienza dei laudesi, e la raccolta del laudario di Cortona ne è una splendida espressione. Il Laudario di Cortona è un manoscritto risalente a circa il 1250, che raccoglie più di 60 laudi, la
maggior parte delle quali provvista di musica. È il più antico manoscritto musicale italiano con testi in lingua
volgare, per lo più anonimi, tranne due (tra cui Troppo perde 'l tempo ki ben non t'ama, che la tradizione
attribuisce a Jacopone da Todi). Le laude sono scritte tutte in forma ballata, sono cioè composte da diverse
strofe intervallate da un ritornello. Le Cantigas de Santa Maria, per un verso, sono affini alla Lauda italiana ma, dal punto di vista strettamente musicale, richiamano molto lo zajal arabo per la struttura: A - B - A (Estribillo - Coplas - Estribillo, cioè "ritornello - strofa - ritornello"). Redatte nello scriptorium di Alfonso X El Sabio, re di Castiglia e Leòn dal 1250 e il 1284, rappresentano il codice musicale più prestigioso della monodia cortese del Medioevo europeo. Scritte in galiziano, lingua aristocratica, narrano i miracoli della Vergine tratti da racconti assai diffusi nell'Europa del tempo, e sono organizzate in Cantigas de miragres (canti descrittivi di miracoli) e Cantigas de loor (canti di lode), quest'ultime una ogni dieci. Quattro gli esemplari pervenutici (sec. XIII): MSb. I. 2 (Bilioteca del Monastero dell'Escorial), MS T.j.I (Biblioteca del Monastero dell'Escorial), MS 10069 (Biblioteca Nazionale di Madrid), MS Banco rari 20 (II.1.213) (Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze), privo di musica. Altra fonte è costituita da Le Llibre Vermell, MS n. 1, dell'Abbazia di Montserrat in Catalogna. È costituito da un codice (sec. XIV - XV), con copertina rossa (da cui il suo nome Vermell), all'interno del quale compare una breve silloge di 10 brani musicali, alcuni polifonici a 2 e 3 voci, altri eseguibili a canone, che mostrano precisi riferimenti coreutici, riconducibili a danza sacra, da eseguirsi in ballo tondo, come indicato espressamente dall'amanuense in lingua latina (ad trepudium rotundum) e in catalano (a ball redon). Altri due brani che rievocano l'intensa spiritualità medievale sono Quisquis cordis et oculi, un alterco tra il
cuore e l'occhio su testo di Pietro Abelardo, una cui versione è presente in un manoscritto musicale, riccamente
decorato, di provenienza francese conservato presso la British Library e Aurea personet lyra, una lode alle virtù
della musica dai Carmina Cantabrigensia, sec. XI (cod. Gg 5, 35) della Biblioteca Universitaria di Cambridge.
Questo canzoniere fu redatto a St. Augustine di Canterbury e costituisce una copia di una più antica raccolta di
probabile relazione con la corte salica in Renania (Spira, Colonia, Treviri). Il suo contenuto riguarda: 47 brani
in latino, e 2 brani in latino - tedesco, su testi di Orazio, Virgilio, Stazio, Venanzio Fortunato e anonimi. Silvia Piccollo soprano, voce narrante |
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