PRESENTAZIONE
Si veda, per alcune informazioni generali, la presentazione del primo CD della raccolta, Humanos y Divinos.
Riportiamo qui  di seguito la presentazione proposta dalla Casa Editrice.

Questo album di Da Vinci Classics costituisce il secondo volume di una pubblicazione dedicata a quello che oggi è noto come il Cancionero de Upsala (sic), ma che è anche designato con diversi altri nomi, ognuno dei quali racconta una parte della sua storia. In primo luogo, Upsala sembra ora un errore di stampa, ma era il nome corretto della città di Uppsala all'inizio del XX secolo, prima della grande riforma ortografica della lingua svedese. Fu a Upsala, o Uppsala, che un musicologo spagnolo, Rafael Mitjana, trovò una raccolta su cui apparentemente nessuno aveva scritto nulla nella letteratura accademica. Mitjana la studiò e la discusse approfonditamente, legando così il suo nome a quello della raccolta; gradualmente, col crescente sviluppo degli studi musicologici, divenne evidente che il volume di Uppsala è probabilmente l'unica copia sopravvissuta di questo libro di Scotto, uno dei principali editori e tipografi di musica del XVI secolo. La stampa musicale era ancora un'attività molto recente, sebbene alcuni tipografi musicali, come Ottaviano Petrucci, avessero raggiunto risultati di eccellente qualità e di impressionante bellezza molto presto. Scotto aveva sede a Venezia, una delle città più vivaci del mondo all'epoca; una città in cui cultura, marketing, arte e relazioni internazionali erano fiorenti. Da Venezia, oggetti di ogni genere potevano viaggiare in tutto il mondo, e non era affatto impossibile che la musica stampata lì potesse infine approdare in Svezia. Dalla provenienza del libro deriva quindi un altro dei suoi nomi, ovvero Cancionero de Venecia. Può sorprendere, tuttavia, che – dato l'elevato numero di libri di canzonieri stampati a Venezia nella seconda metà del XVI secolo – il nome Cancionero de Venecia potesse essere attribuito inequivocabilmente a una particolare pubblicazione. Il punto è che, sì, è vero che a Venezia furono pubblicati moltissimi libri di musica, ma non molti di questi erano canzoni con testi in spagnolo. In effetti, per quanto riguarda la tipografia Scotto, questo libro sembra essere stato l'unico con testi in spagnolo. Pertanto, se "Canzoniere di Venezia" sarebbe un'indicazione troppo generica (dato che esistevano molti libri di canzoni in italiano), "Cancionero de Venecia" è un nome unico. Un'ulteriore specificazione geografica è contenuta in un altro dei tanti nomi del libro, ovvero Cancionero del Duque de Calabria, il libro di canzoni del Duca di Calabria. Chi era questo Duca di una regione dell'Italia meridionale, la regione più vicina alla Sicilia? In realtà era uno spagnolo; ovvero il Duca Ferdinando d'Aragona (1488-1550), viceré e luogotenente generale del Regno di Valencia. E questo ci porta a un altro luogo, la città spagnola di Valencia, che è in realtà quella più rilevante per il libro in esame. Valencia, a quel tempo, era stata per quasi un secolo una delle città più brillanti e vivaci dell'Europa meridionale, a scapito di altre regioni iberiche come Castiglia e Catalogna. La città divenne un punto d'incontro, un crocevia e un crogiolo di influenze e persone provenienti dalle più diverse zone d'Europa; Sotto il dominio del "Duca di Calabria", acquisì anche un prestigio internazionale dal punto di vista musicale. Ferdinando, erede del Regno di Napoli (da cui il titolo di "Duca di Calabria"), ricevette un'educazione degna di un principe del Rinascimento italiano, assorbendo una cultura che finalmente poté tradurre in azioni concrete a Valencia. La vita di Ferdinando fu molto avventurosa e pittoresca, tra esilio, prigionia, libertà concessa dall'imperatore Carlo I e due matrimoni: dopo essere rimasto vedovo, si risposò con la Marchesa di Cenete, donna colta e seguace di Erasmo da Rotterdam. Assumendo il Vicereame di Valencia, fece in modo che l'intera biblioteca della madre venisse trasferita da Ferrara, dove aveva risieduto. In un simile contesto, Ferdinando desiderava fare della sua corte un rifugio per letterati, artisti, pensatori e simili. Era un vero uomo del Rinascimento, con una curiosità insaziabile e molteplici interessi culturali. Come affermò un osservatore contemporaneo, all'epoca in Spagna non esisteva una cappella musicale paragonabile a quella di Ferdinando, in termini di qualità delle voci, strumentisti e valore artistico. Ispirato dalle cappelle italiane, Ferdinando iniziò a costruire la propria cappella musicale, che divenne rapidamente la più importante della Penisola Iberica. Attraverso i suoi vari nomi, abbiamo quindi già delineato un profilo del Cancionero. Si tratta di una raccolta di cinquantaquattro villancicos, ovvero la forma vocale tipica del Rinascimento spagnolo. I testi sono per lo più profani, ma vi è una presenza non trascurabile di canti natalizi (dodici). Sebbene i concetti di sacro e profano fossero diversi nel XVI secolo rispetto a quelli odierni, i canti natalizi erano considerati una via di mezzo. Potevano essere cantati in chiesa durante le festività natalizie, periodo nel quale molte delle consuete limitazioni al canto in volgare venivano eliminate; ma venivano eseguite anche in contesti profani, insieme a canzoni d'amore. I canti non sono attribuiti nella stampa, ma la loro paternità è stata attribuita a musicisti che erano in stretto contatto con la corte aragonese, ad esempio Pere Joan Aldomar, Bartolomeu Cárceres, Mateo Flecha el Viejo (che potrebbe essere stato maestro di cappella) e Cristobal de Morales. L'unicità di questa raccolta deriva innanzitutto dalla sua rarità. Come detto, questa raccolta come tale sopravvive in questa unica copia; ma in generale esistono pochissime raccolte di questo tipo risalenti alla Spagna del XVI secolo. Tra queste, il Cancionero de Medinaceli e la Recopilación de sonetos y villancicos (1560) di Juan Vázquez. In origine, nonostante i molti nomi con cui viene attualmente indicato, il libro recava la seguente iscrizione: "Villancicos de diversos Autores, a dos, y a tres, y a quatro, y a cinco bozes, agora nuevamente corregidos. Ay mas ocho tonos de Canto llano, y ocho tonos de Canto de Organo para que puedan aprovechar los que A cantar començaren. Venetiis, Apud Hieronymum Scotum, MDLVI”. Questo si traduce come "Villancicos di diversi compositori, in due, tre, quattro e cinque parti, nuovamente corretti. Vi sono inoltre otto toni di canto piano e otto organa di cui trarranno profitto coloro che cominciano a cantare. A Venezia, da Girolamo Scotto, 1556". Come recita il titolo, una caratteristica molto speciale della raccolta è la presenza di otto brani a una voce e otto a due voci: i primi strutturati in modo simile al canto piano, negli otto modi ecclesiastici, e i secondi come bicinia, ovvero semplici contrappunti a due voci che consentono un approccio progressivo al canto polifonico. Come li definisce un critico, questi ultimi sono "fantasie imitative effettivamente a due voci, costruite su una varietà di temi e dispositivi contrappuntistici che possono essere utilizzati proficuamente per il canto o l'esecuzione strumentale", nel tipico approccio "adattivo" che caratterizza la transizione dal canto all'esecuzione nel tardo Rinascimento. Questo secondo CD del progetto dedicato al Cancionero comprende infatti un totale di sedici brani vocali e cinque opere strumentali, alcune delle quali vengono presentate qui in prima mondiale. Nonostante il Cancionero sia conosciuto e studiato da circa 120 anni, alcune delle sue componenti sono state praticamente trascurate sia dagli studiosi sia dagli esecutori fino a tempi recenti. Un importante impulso verso una maggiore conoscenza degli elementi "marginali" del Cancionero è giunto con la pubblicazione, nel 2003, di una nuova edizione facsimile accademica del libro; tuttavia, ciò non è stato sufficiente a gettare piena luce sull'opera nella sua interezza e ad apprezzarne appieno il potenziale in termini artistici, accademici e musicali. Inoltre, il Cancionero non è apparso nel vuoto; pertanto, con grande perspicacia e utilità, questa registrazione lo inquadra nel suo contesto, aggiungendovi altri tre brani per soli strumenti, riconducibili all'esperienza musicale vissuta alla corte di Valencia. Il leitmotiv e il filo conduttore adottato dagli esecutori nella selezione e nell'ordinamento dei brani è la giustapposizione dei due volti dell'amore. Soprattutto nel Rinascimento (e soprattutto grazie al movimento noto come Petrarchismo), la commistione di delizia e dolore, piacere e desiderio, passione e malinconia nell'esperienza amorosa era profondamente sentita, e parolieri e poeti giocarono abbondantemente su questo topos. In definitiva, questa polarità può essere interpretata come l'eterno duello tra eros e Thanatos, amore e morte. Nonostante queste auguste radici letterarie, il tono dei testi cantati nel Cancionero non è eccessivamente elevato. La presenza di questi temi e soggetti in una poesia a tratti popolare e colloquiale testimonia la pervasività di questo approccio e la sua migrazione dalla letteratura "alta" alla vita quotidiana. Le caratteristiche musicali sono quelle tipiche dei villancicos su temi inerenti all'amore. Due dei brani della raccolta, ovvero No soy yo quien veis bivir e Dime robadora, sono proposti sia in forma a due che a tre voci; quest'ultima versione è ottenuta aggiungendo una parte grave alle due voci superiori preesistenti. Grazie a questa soluzione, due nuovi brani prendono vita, quasi come se si trattasse di un gioco musicale derivato dall'intrattenimento di corte, in un nuovo tipo di virtuosismo compositivo. Gli esecutori di questo CD hanno scelto di unificare le due versioni di ciascun brano, eseguendo la realizzazione a due voci come prima sezione di un brano composito, la cui seconda metà è costituita dalla versione a tre voci. Per quanto riguarda i brani strumentali del Cancionero, vengono eseguiti quattro degli otto bicinia o organa (duetti concepiti pedagogicamente) e uno degli otto canti gregoriani. L'intento didattico è evidente in entrambi i casi, sebbene riguardi rispettivamente l'esecuzione e la composizione. La realizzazione e lo sviluppo di un contrappunto sul Canto llano sono stati curati da Giorgio Pacchioni, uno dei massimi esperti di contrappunto storico. Si compone di quattro sezioni, in cui sono state suddivise ile 156 brevi dell'opera originale. A questa linea melodica vengono aggiunte due parti superiori, in canone tra loro: ogni sezione ha il proprio tempo, il proprio "ritardo" (canonico) e la propria distanza intervallare tra le due voci. L'applicazione di tali espedienti e strategie compositive non solo consente l'esecuzione e la registrazione di questa musica, ma è anche una potente testimonianza della sua vivacità e fecondità. A distanza di quasi cinque secoli, il materiale musicale raccolto nel Cancionero continua a offrire sfide e nuove prospettive a compositori ed esecutori, per la gioia degli ascoltatori di ieri, di oggi e di domani. Chiara Bertoglio © 2024 

PROGRAM NOTES
For some general information, see the presentation of the first CD of the collection, Humanos y Divinos. 
Below we report the presentation proposed by Da Vinci Classics.

This Da Vinci Classics album constitutes the second volume of a publication dedicated to what is now known as the Cancionero de Upsala (sic), but which is also designated through several other names – each of which tells a part of its history.
Firstly, Upsala now looks as a misprint, but it was the correct name of the city of Uppsala at the beginning of the twentieth century, before a great spelling reform of the Swedish language. It was in Upsala, or Uppsala, that a Spanish musicologist, Rafael Mitjana, found a collection about which nobody seemingly had written anything in scholarly literature. Mitjana studied it and discussed it in depth, thus binding his name to that of the collection; gradually, with the increasing expansion of musicological studies, it became evident that the Uppsala volume is probably the only surviving copy of this Scotto book.
Scotto was one of the major publishers and printers of music in the sixteenth century. Music printing was still a very recent activity, even though some music printers, such as Ottaviano Petrucci, had achieved results of excellent quality and impressive beauty very soon.
Scotto was based in Venice, one of the liveliest cities in the world at that time; a city where culture, marketing, art, and international relations were blooming. From Venice, items of all kinds could travel worldwide, and it was not impossible at all that music printed there could eventually land in Sweden. From the book’s provenance comes therefore another of its names, i.e. Cancionero de Venecia. It may come as a surprise, however, that – given the high number of songbooks printed in Venice in the second half of the sixteenth century – the name Cancionero de Venecia could have been attributed unambiguously to a particular publication. The point is that, yes, it is true that a great many music books were published in Venice, but not many of them were songs with lyrics in Spanish. In fact, as concerns the Scotto press, this book seems to have been the only one with Spanish texts. Thus, if Canzoniere di Venezia would be too generic an indication (since there were many songbooks in Italian), Cancionero de Venecia is a unique name.
A further geographic specification is contained in still another of the book’s many names, i.e. Cancionero del Duque de Calabria, the Songbook of the Calabria Duke. Who was this Duke of a region of Southern Italy – the region closest to Sicily? It was a Spaniard, actually; i.e., Duke Ferdinand of Aragon (1488-1550), the viceroy and lieutenant general of the Kingdom of Valencia. And this brings us to yet another place, the Spanish city of Valencia, which is the one actually most relevant to the book under observation. Valencia, at that time, had been for nearly a century one of the most brilliant and vibrant cities in Southern Europe, at the expenses of other Iberian regions such as Castille and Catalunya. he city became a meeting point, a crossroad, and a melting pot of influences and people coming from the most diverse zones of Europe; under the rule of the “Duke of Calabria,” it also acquired an international standing from a musical viewpoint. Ferdinand, the heir to the Kingdom of Naples (hence the title “Duke of Calabria”), received an education befitting an Italian Renaissance prince, absorbing a culture that he was finally able to translate into concrete actions in Valencia.
Ferdinand’s life had been very adventurous and picturesque, including exile, imprisonment, freedom granted by Emperor Charles I, and two marriages – after being widowed, he remarried the Marchioness of Cenete, a cultivated woman and follower of Erasmus of Rotterdam. Upon assuming the Viceroyalty of Valencia, he arranged for his mother’s entire library to be brought from Ferrara, where she had resided.
Within such an environment, Ferdinand was keen to establish his court as a haven for literates, artists, thinkers, and the like. He was a true Renaissance man, with unquenchable curiosity and manifold cultural interests. As a contemporary observer stated, there was no musical chapel in Spain at the time comparable to Ferdinand’s, in terms of the quality of the voices, the instrumentalists, and their artistic value. Inspired by Italian chapels, Ferdinand began building his own musical chapel, which quickly became the foremost in the Iberian Peninsula.
Through its various names, we have therefore already sketched a profile of the Cancionero. It is a collection of fifty-four villancicos, i.e. the vocal form typical for the Spanish Renaissance. The lyrics are mostly secular, but there is a non-negligible presence of Christmas carols (twelve). Although the concepts of sacred and secular were different in the sixteenth century in comparison with today’s, Christmas carols were considered as somewhat in between. They could be sung in church during the Christmas holidays, where many of the usual limitations to vernacular singing were lifted; but they were also performed within secular contexts, alongside love songs. The songs are unattributed in the print, but their authorship has been ascribed to musicians who were in close relationship with the Aragonese court – for instance Pere Joan Aldomar, Bartolomeu Cárceres, Mateo Flecha el Viejo (who may have been a chapel master), and Cristobal de Morales.
The uniqueness of this collection derives first of all from its rarity. As said, this collection as such survives in this single copy; but in general there are very few such collections dating from sixteenth-century Spain. Among them are the Cancionero de Medinaceli and Juan Vázquez’s Recopilación de sonetos y villancicos (1560).
Originally, in spite of the many names by which it is currently indicated, the book bore the following inscription: “Villancicos de diversos Autores, a dos, y a tres, y a quatro, y a cinco bozes, agora nuevamente corregidos. Ay mas ocho tonos de Canto llano, y ocho tonos de Canto de Organo para que puedan aprovechar los que A cantar començaren. Venetiis, Apud Hieronymum Scotum, MDLVI”. This translates as “Villancicos by several composers, in two, three, four, and five parts, corrected again. There are furthermore eight tones of plainchant and eight organa from which those who begin to sing will profit. In Venice, at Jerome Scotto’s, 1556”.
As the title reads, one very special feature of the collection is the presence of the eight one-part and eight two-part pieces – the former shaped in a fashion similar to plainsong, in the eight Church modes, and the latter as bicinia, i.e. simple two-part counterpoints allowing for a progressive approach to polyphonic singing. As one critic defines them, these latter are “effectively two-voiced imitative fantasies built on a variety of themes and contrapuntal devices that can be used profitably for singing or instrumental performance”, in the typical “adaptive” approach characterizing the transition from singing to playing in the late Renaissance.
This second CD of the project dedicated to the Cancionero includes in fact a total of sixteen vocal pieces and five instrumental works, some of which are presented here in world premiere. In spite of the fact that the Cancionero has been known and studied for approximately 120 years now, some of its components have been virtually neglected by both scholars and performers until recently. A major impulse toward a greater knowledge of the “fringe” elements of the Cancionero came with the publication, in 2003, of a new scholarly facsimile edition of the book; however, this has not sufficed to shed complete light on the publication in its entirety and to appreciate its full potential in artistic, academic, and musical terms.
Furthermore, the Cancionero did not appear in a void; therefore, very perceptively and usefully, this recording frames it within its context, adding to the recording three more pieces for instruments alone, which can be traced back to the musical experience lived at the Court of Valencia.
The leitmotiv and the red thread adopted by the performers in the selection and ordering of the pieces is the juxtaposition of the two faces of love. Particularly in the Renaissance (and especially thanks to the movement known as Petrarchism), the mixture of delight and pain, pleasure and desire, passion and melancholy in the experience of love was deeply felt, and lyricists and poets played abundantly on this topos. Ultimately, this polarity can be interpreted as the eternal duel between eros and Thanatos, love and death. In spite of these august literary roots, the tone of the lyrics sung in the Cancionero is not excessively elevated. The presence of these themes and subjects in a kind of poetry which is at times folklike and colloquial bears witness to the pervasiveness of this approach, and to how it migrated from “high” literature to daily life. The musical features are those typical for the villancicos on subjects inherent to love.
Two of the pieces in the collection, i.e. No soy yo quien veis bivir and Dime robadora are offered both in two- and in three-part settings; this latter version is obtained by adding a lower part to the pre-existing upper two voices. Thanks to this solution, two new pieces take life, almost as if playing a musical game derived from court entertainment, in a new kind of compositional virtuosity. The performers of this CD chose to unify the two versions of each piece, performing the two-part realization as the first section of a composite piece whose second half is made by the three-part version.
As concerns the instrumental pieces of the Cancionero, four out of the eight bicinia or organa (pedagogically-conceived duos), and one of the eight plainchants are performed here. The didactic intention is evident in both cases, although it regards respectively performance and composition.
The realization and development of a Counterpoint on the Canto llano has been curated by Giorgio Pacchioni, who is one of the world’s leading experts in historical counterpoint. It consists of four sections, among which the original 156 breves of the original work have been divided. Two upper parts, making a canon, are added to that melodic line: each section has its own tempo, its (canonic) “delay”, and its intervallic distance among the two voices.
The application of such compositional devices and strategies is not only what allows for the actual performance and recording of this music, but also it is a powerful witness of its liveliness and fecundity. At a distance of nearly five centuries, the musical material gathered in the Cancionero continues to offer challenges and new perspectives to composers and performers alike, for the delight of the listeners of yesterday, of today, and of tomorrow. Chiara Bertoglio © 2024

TESTI
Ojos garços a la niña Quien se los enamoraria
Son tan lindos y tan bivos que a todos tienen cativos.
Y solo la vista dellos me a Robado los sentidos
Y los haze tan esquivos que Roban el alegria 
Quien se los enamoraria

TRADUZIONE ITALIANA
La ragazza ha occhi azzurri, Chi (non) se ne innamorerebbe?
Sono così belli e così vivi che tengono tutti prigionieri.
E il solo vederli mi ha rubato i sensi
E li ha tanto schivi che rubano l’allegria:
Chi (non) se ne innamorerebbe? 
      

Estas noches atan largas  para mi No solian ser ansi.
Solia que reposava las noches con alegria 
Y el rrato que non dormia Con descanso lo passava
mas estas que amor me grava non dormi 
No solian ser ansi

Queste notti così lunghe per me non solevano essere così.
Solevo riposare le notti con gioia
e il tempo che non dormivo lo passavo con ristoro.
Ma sono gravato dal peso dell'amore, non ho dormito;
non solevano essere così.  
 

Desdeñado soy de amor guardeos Dios de tal dolor
Desdeñado y malquerido. Maltratado y aborreçido.
Y del tiempo que os he servido no me dais ningun favor 
No tengo ningun favor guardeos Dios de tal dolor

Sono disprezzato in amore, Dio ti risparmi tale dolore!
Disprezzato e negletto, maltrattato ed aborrito.
E per il tempo che ti ho servito non mi dai nessun vantaggio,
non ricevo alcun favore: Dio ti risparmi tale dolore!  
     

No me las amuestras mas que me mataras.
Son tan lindas y tan bellas que a todos matas con ellas.
Y aunque muero yo por ellas 
No me las amuestras mas que me mataras.

Non mostrarmele più che mi ucciderai.
Sono così carine e così belle che con esse uccidi tutti.
E anche se io muoio per loro 
Non mostrarmele più che mi ucciderai.
 

Si nos huviera mirado  no penara Pero tan poco hos mirara.
Veros harto mal a sido mas no veros peor fuera. 
No quedara tan perdido pero mucho mas perdiera.
Que viera aquel que nos viera qual quedara 
Pero tan poco hos mirara.

Se non ti avessi guardato non soffrirei, ma nemmeno ti guarderei.
Vederti è stato molto doloroso ma non vederti sarebbe peggio. 
Non resterei così perduto ma perderei molto di più.
Cosa vedrebbe chi non ti ha visto? Come resterebbe? 
ma nemmeno ti guarderei. 

No tienen vado mis males que hare que passar no los podre.
Es impossible passallos Males que no tienen medio. 
pues para tener Remedio el Remedio es no curallos.
Mi descanso es desseallos porque se que passar no los podre.

I miei mali non hanno via d’uscita: che farò, che vincerli non potrò?
È impossibile vincerli, mali che non hanno cura.
Perché per avere un rimedio il rimedio non è curarli.
La mia tregua è accettarli perché so che non potrò vincerli. 

Serrana Donde dormistes  Tan mala noche me distes
A ser sin vuestro marido U sola sin compañia.
fuera la congoxa mia no tan grande como a sido.
No por lo que haveys dormido mas por lo que no dormistes

Serrana dove hai dormito Mi hai dato una notte così brutta
Stando senza tuo marito E sola senza compagnia
La mia angoscia non sarebbe stata così grande come è stata.
Non per quello che hai dormito ma per quello che non hai dormito.